Il bonus mamme non è ancora arrivato in busta paga, ma già fa parlare di sé. Il beneficio che dovrebbe essere una misura di lotta al declino demografico che il paese sta vivendo, appare più confezionato su uno slogan, che una misura capace di portare un vero beneficio ove necessario. Si commette un grave errore nel pensare di trattare il tema della genitorialità alla stregua della rottamazione della auto, con incentivi o bonus che puntano all’oggi senza uno sguardo al domani.
La misura è stata presentata come un bonus volto a premiare le mamme lavoratrici di due o più figli che hanno “già dato un grande contributo al paese”. Già dalla genesi della norma non sono mancati appunti sul fatto che venissero escluse le lavoratrici con un solo figlio, ma si sa che le scelte politiche sono come il bello: non è giusto ciò che è giusto ma ciò che piace.
Nel tradurre lo slogan in legge, però, il legislatore ha ristretto la platea delle beneficiarie, escludendo una fetta della popolazione appartenente alle mamme con due o più figli. La norma prevede, infatti, che per accedere al beneficio, che ricordiamo consistere in un azzeramento dei contributi previdenziali a carico della lavoratrice, la stessa dovrà essere titolare di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Quindi, care lavoratrici madri di due o più figli, vi suggerisco di rivedere Quo Vado dell’ottimo Checco Zalone, per rinfrescare tutti i segreti su come tenersi stretto un rapporto a tempo indeterminato! Ma al di là del facile umorismo (scusate non ho resistito), mi sono chiesto fin da subito quale sia la motivazione che ha portato il legislatore ad escludere dal beneficio i rapporti a termine.
Tra queste penso, in particolare, alle madri lavoratrici che hanno rapporti stagionali o a quelle con rapporti di lavoro in somministrazione a termine che cercano di inserirsi nel mondo del lavoro tra mille difficoltà: perché non premiare anche loro?
Dimenticate dal Legislatore anche altre mamme lavoratrici: risultano escluse dal beneficio le titolari di rapporto di collaborazione, le lavoratrici autonome, le professioniste e le imprenditrici.
Ma la platea degli esclusi annovera intere famiglie, che contano due o più figli, come quelle monoreddito in cui lavora solo il padre o le famiglie monoparentali in cui l’unico genitore è il papà.
L’adagio è sempre quello, i soldi non ci sono per tutto, bisogna fare delle scelte… però ogni tanto si potrebbero fare delle scelte ragionate, se non proprio giuste, senza la necessità di dover scrivere norme a sostegno di slogan che sono utili per il periodo elettorale, ma meno per il governo del Paese.
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