Periodo di comporto: perché è utile saperne di più 

Sul periodo di comporto, il massimo delle assenze per motivi di salute con cui si ha il diritto alla conservazione del posto, la giurisprudenza è intervenuta più volte. Quindi conoscere regole e implicazioni ora è sostanziale per datori e lavoratori.  La Corte di Cassazione è intervenuta sul tema con numerose decisioni, una sul tema delle persone disabili. 

In generale nella determinazione del periodo di comporto di solito non rientrano per esempio i periodi di aspettativa non conteggiabili ai fini dell’anzianità retributiva e le assenze per particolari terapie salvavita, la maternità, le assenze per interruzione di gravidanza. 

Gli approfondimenti tecnici sul periodo di comporto 

La disciplina del comporto è contenuta principalmente all’interno del Codice Civile all’articolo 2110. L’articolo ne detta la definizione mentre i contratti collettivi prevedono disposizioni diverse per ogni settore. 

Il periodo di comporto varia quindi secondo diversi fattori e per calcolarne la durata bisogna verificare l’arco temporale di riferimento considerato dai contratti collettivi che può essere “l’anno di calendario” o “l’anno solare”. Per anno di calendario deve intendersi “il periodo di tempo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre di ogni anno”, come stabilito dalla Corte di Cassazione, che ha definito anche l’anno solare come “un periodo di 365 giorni che decorrono dal primo evento morboso o a ritroso dalla data di licenziamento”. (Cass., n.6599, 1/06/1992 e Cass., n.13396, 13/9/2002

Tipologie di comporto

Ai fini del calcolo è utile distinguere le due tipologie di comporto secco e frazionato. “Secco” quando il periodo di conservazione si riferisce ad un’unica e ininterrotta malattia. “Frazionato” detto per sommatoria quando si è dinanzi ad una pluralità di malattie ripetute e intermittenti tra loro. Si prevede un arco temporale entro il quale la loro somma (degli eventi morbosi) non può superare un certo limite di conservazione del posto, per esempio 180 giorni in un anno solare. In questo caso, ai fini del calcolo, vengono considerati anche i giorni festivi e i giorni non lavorati che cadono nel periodo di malattia certificato dal medico competente. 

Se la malattia dovesse configurarsi come conseguenza dei comportamenti posti in essere dal datore, i periodi di assenza saranno esclusi dal calcolo del comporto. 

Il periodo di comporto, inoltre, può essere anche interrotto a seguito di una richiesta da parte del lavoratore di usufruire delle ferie già maturate. 

Lo stabilisce la Cassazione con le sentenze n. 7433/2016 e n. 3028/2003, nelle quali specifica l’obbligo della forma scritta e la necessità di indicare il momento dal quale si intende convertire l’assenza per malattia in “assenza per ferie”. La richiesta dovrà essere tempestivamente presentata al datore prima della scadenza del periodo di comporto. 

In questo caso il datore dovrà tenere in considerazione l’interesse del suo dipendente ma non avrà obbligo nel convertire le assenze di malattia in ferie, in quanto la determinazione del periodo di riposo avviene per esigenze legate all’impresa e al datore stesso.  

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