In un articolo apparso sul New York Times, la giornalista Jeanna Smialek ci racconta come nello stato del Maine, posto a nord sulla costa Atlantica degli Stati Uniti, una delle attività economicamente più importanti sia legate alla pesca e lavorazione dei crostacei, in particolare le aragoste. Questo tipo di attività necessita di manodopera che non riesce ad essere soddisfatta dalla popolazione nativa, maggiormente attratta da lavori più specializzati. La soluzione adottata dagli imprenditori del settore è stata quella di ricorre agli immigrati.
Può la storia delle aragoste del Maine ricordare la situazione demografica in Italia?
La mia attenzione è stata attratta dalla particolare situazione demografica dello Stato del Maine, che ricorda quella che troviamo nel vecchio continente e in particolare in Italia. Lo Stato, infatti, è lo stato americano con la popolazione più anziana (età media di 45,1 anni), e secondo la Giornalista, offre una vista di come potrebbe essere la situazione americana nel prossimo futuro.
La notizia non è una novità, negli Stati Uniti è chiaro dai dati economici che una crescita del sistema come quella che si sta vivendo post pandemia, sarebbe stata impossibile senza l’apporto lavorativo degli immigrati.
L’inverno demografico in Italia
Venendo al nostro Paese, secondo il rapporto recentemente pubblicato da Unioncamere, entro il 2028 nel nostro paese serviranno oltre 3 milioni di lavoratori. La maggiore necessità è data, secondo il rapporto, dal pensionamento dei baby boomer; si stima, infatti, che andranno in pensione entro il 2028 circa 2,9 milioni di lavoratori.
Quali sono le sfide del futuro?
Tre sfide principali attendono non solo il nostro Paese, ma tutto l’occidente:
Adeguamento del sistema formativo alla reale richiesta di lavoro: dalle previsioni avremo necessità non solo di laureati, ma il 48% del fabbisogno di lavoro riguarda figure in possesso di formazione secondaria tecnico-professionale;
Sfruttare l’intelligenza artificiale, come integrazione dell’attività lavorativa, automatizzando i processi produttivi;
Cambiare visione sull’immigrazione, che da emergenza deve diventare opportunità.
Quest’ultimo punto, in particolare, è quello che richiede anche culturalmente un cambio di rotta; dopo anni di messaggi negativi sull’immigrazione e politiche poco efficaci, è arrivato il momento di cambiare il passo, di inserire i migranti in percorsi di vera integrazione, per colmare il gap di forza lavoro che affligge tutti i paesi occidentali a causa delle dinamiche demografiche.
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