Calati rispetto all’anno precedente i livelli occupazionali del 2023 dei laureati, salvo per quanto concerne i laureati di primo livello a tre e a cinque anni dal conseguimento del titolo, tra i quali il tasso di occupazione ha raggiunto “i più alti valori osservati in oltre un decennio”. Questi i dati emersi dal Rapporto 2024 di AlmaLaurea, presentato il 13 giugno all’università di Trieste. 66000 i laurati coinvolti, 78 le Università che hanno aderito all’indagine.
Il 2023 pone fine, quindi, all’andamento positivo che aveva caratterizzato il tasso di occupazione degli ultimi anni, tornando ad essere in linea con i tassi registrati negli anni “pre-Covid”.
I dati, comunque, variano molto in base alla facoltà e all’ateneo scelto. Le facoltà scientifiche, tra cui spiccano ad esempio medicina e farmacia con tassi di occupazione superiori al 90% a cinque anni dal titolo, superano di più di 5 punti percentuali gli indirizzi di stampo artistico, umanistico e giuridico. Gli ex studenti dell’Università di Brescia, del Politecnico di Torino e del Piemonte orientale sono quelli che hanno trovato più facilmente un impiego.
Un dato interessante concerne le esperienze lavorative che, perfino se non in linea con il percorso di studi, aumentano di più del 20% le possibilità di trovare un lavoro post-laurea. Ulteriore elemento che incentiva le aziende ad assumere è, inoltre, il possesso di conoscenze informatiche.
I tirocini e i periodi di studio all’estero, infine, non solo sono valutati positivamente dagli HR, ma sono anche sempre più ambiti dai giovani: il 4% degli occupati a un anno dal conseguimento del titolo di laurea e il 5,5% di coloro che lo possiedono da cinque anni attualmente lavorano all’estero. Ciò che spinge coloro che sono in cerca di impiego ad aderire alla “fuga di cervelli” sono, da un lato, le maggiori possibilità di carriera e, dall’altro, le retribuzioni notevolmente più alte.
L’Indagine sulla Condizione occupazionale dei Laureati, portata avanti da AlmaLaurea fino dal 1998, fa emergere, quindi, come – ancora una volta- sia necessario riflettere sulle sfide e le – spesso poche – opportunità che i laureati italiani affrontano nel mercato del lavoro nazionale.
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