Contratti di lavoro: il periodo di prova

Come funziona, le novità dal decreto Trasparenza. Disciplinato dall’articolo 2096 del Codice civile, il periodo di prova rappresenta un fondamentale del rapporto di lavoro (e del contratto). Si comincia da lì!

Durante l’istituto giuridico della prova “del prestatore di lavoro” entrambe le parti maturano la propria concezione ai fini dell’eventuale prosecuzione del rapporto. Entrano in valutazione ruoli, capacità aspettative, e perché no, eventuali variabili.

In conformità alla normativa di riferimento, la validità è subordinata alla presenza di un atto scritto definito “patto di prova”: lavoratore e datore condizionano la definitiva instaurazione del rapporto di lavoro a seguito dell’esito positivo del precedente periodo di valutazione.

Il periodo di prova senza contratto firmato è illegale.

In questo passaggio di tempo il lavoratore avrà l’opportunità di valutare l’esperienza lavorativa mentre il datore avrà la possibilità di valutare il dipendente e le sue capacità rispetto a mansioni e incarichi.

La Cassazione sul periodo di prova

Come sottolineato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n.746 del 2015 “la funzione del suddetto periodo non si limita esclusivamente alla verifica delle capacità del lavoratore ma anche all’attitudine di quest’ultimo ad integrarsi nell’ambiente lavorativo.

Spesso, infatti, vi è la presenza di clausole che riportano finalità di valutazione di competenze trasversali e non strettamente lavorative le quali, pertanto, dovranno ritenersi legittime”.

Di seguito alle disposizioni contenute nel recente Decreto Trasparenza del 27 giugno 2022 il periodo di prova non potrà superare i sei mesi, salvo quanto disposto diversamente dai contratti collettivi.

Nel caso in cui il periodo di prova dovesse osservare un termine inferiore a quello massimo previsto dalla contrattazione, sarà sempre possibile un successivo prolungamento del periodo.

La durata dovrà essere concordata per iscritto altrimenti il periodo di prova risulterà nullo.

Per quanto riguarda invece il rapporto a termine, in base a quanto disposto dall’articolo 7 del Decreto trasparenza, il periodo di prova deve essere proporzionato alla durata del contratto stesso e alle mansioni da svolgere in relazione alla natura dell’impiego. 

Il legislatore non ha provveduto però ad indicare un preciso parametro per l’individuazione della durata: in genere, la proporzione dovrebbe interessare esclusivamente i contratti inferiori ai 12 mesi.

Quando può variare il periodo di prova?

In alcuni casi è possibile che il periodo possa subire delle interruzioni a causa dell’insorgenza di eventi come la malattia, infortunio o, diversamente per via della richiesta di congedi vari. In tali circostanze il periodo sarà prolungato in misura pari alla durata dell’assenza.

Qualora il datore volesse proporre un ulteriore contratto di lavoro a un dipendente già assunto in precedenza per le stesse mansioni, non sarà possibile prevedere la presenza di un nuovo periodo di prova.

Durante questo periodo di tempo il lavoratore interessato vanterà gli stessi diritti e doveri di un dipendente assunto a tempo indeterminato o determinato, incluso il diritto alla retribuzione e ai contributi con una sola  differenza: che entrambe le parti potranno recedere dal contratto senza alcun preavviso e senza obbligo di motivazione.

FONTI: Articolo 2096 c.c; Decreto Trasparenza.

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