Il punto dopo l’entrata in vigore del Decreto lavoro. L’istituto del contratto a termine è stato negli anni revisionato più volte dal Legislatore. Nella gestione pratica dello strumento rimane di fondamentale importanza la differenza tra proroghe e rinnovi. Facciamo il punto.
A livello legislativo non esiste una definizione standardizzata di questi due istituti, ma è ricavabile indirettamente da atti di prassi amministrativa.
In linea generale si parla di “proroga di un contratto a termine” quando rimangono immutate le condizioni che avevano giustificato l’iniziale assunzione a tempo determinato del lavoratore.
La proroga presuppone infatti una continuità temporale tra un contratto e l’altro.
Viceversa, si è in presenza di un “rinnovo del contratto a termine” quando cambiano le motivazioni poste alla base dell’iniziale assunzione a tempo determinato.
In presenza di un rinnovo non è possibile procedere in continuità ma è necessario il rispetto della pausa contrattuale. È lo “stop and go” tra la fine di un contratto a termine e l’inizio del successivo.
Cosa è cambiato con le modifiche introdotte alla disciplina del contratto a termine dal Decreto Lavoro?
Ora è possibile prorogare e rinnovare liberamente senza causali i contratti a termine nei primi 12 mesi di durata contrattuale.
È diventato invece necessario inserire una delle causali (di cui all’art. 19 del D.Lgs. n.81/2015) sia per le proroghe che per i rinnovi superati i primi 12 mesi ma entro i due anni (24 mesi).
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