Dalla definizione del luogo al potere del datore di lavoro di trasferire il lavoratore. Scheda di approfondimento sui temi legati ai luoghi di lavoro e le tipologie di trasferimento. Parole del sapere specialistico: trasferimento, trasferte, distacco e trasfertismo.
Secondo i principi generali del diritto delle obbligazioni, la prestazione di lavoro deve essere eseguita nel luogo determinato dal contratto, o dagli usi. Nel caso in cui il luogo non sia determinato l’obbligazione deve essere svolta nel luogo desumibile dalla prestazione (Cfr art.1182 cc.).
Fermo restando quanto sopra l’indicazione del luogo in cui il lavoratore deve prestare la propria attività di lavoro deve risultare obbligatoriamente dalla lettera di assunzione in forma scritta.
Il luogo di lavoro potrebbe, in alcuni casi non essere di fatto preciso e prestabilito ma riferito a un’area di lavoro: in questo caso, si è in presenza di un lavoratore “trasfertista”.
Anche se prestabilito dalle parti in maniera più o meno precisa il luogo di lavoro può cambiare. Può cambiare per volontà del datore di lavoro, secondo ex art.2103 del Codice Civile. In questi casi si parla di trasferimenti, trasferte e distacco in base alle caratteristiche e alle motivazioni per cui il cambiamento di sede è avvenuto.
Il trasferimento è la modifica definitiva e senza limiti di durata della sede in cui il lavoratore dovrà svolgere la propria prestazione di lavoro. Il diritto del datore di lavoro di trasferire il lavoratore nasce successivamente al momento di stipulazione del contratto ed è espressione del potere direttivo in capo ad esso.
Il trasferimento ai sensi del codice civile
“Seppur espressione del potere direttivo e gerarchico del datore di lavoro, lo stesso non potrà trasferire deliberatamente il lavoratore, bensì il trasferimento dovrà essere supportato da motivi tecnici, organizzativi e produttivi”. Così si legge nell’art 2103 c.c.
Queste casistiche citate sono le uniche che permettono il legittimo trasferimento del dipendente: nel caso in cui le motivazioni addotte dal datore di lavoro siano differenti o siano false il lavoratore potrà richiedere di fatto una tutela da parte del giudice.
Chi rientra in alcune categorie specifiche non può essere trasferito senza consenso: accade ad esempio per il lavoratore che assiste un soggetto affetto da disabilità ex art.33 l. n. 104 del 1992.
Il datore di lavoro, tuttavia, potrà mutare la sede del proprio prestatore di lavoro anche solo temporaneamente: in tal caso si parla di trasferte.
Nella trasferta il lavoratore rimane sotto il controllo e il potere del proprio datore.
Il distacco si diversifica dalla trasferta
Altra tipologia di svolgimento della propria prestazione di lavoro lontano dal proprio luogo abituale (contrattuale) di lavoro in via temporanea è il distacco. Questo istituto consiste di fatto nel porre un proprio lavoratore ai servizi di un’altra azienda.
A differenza della trasferta quindi il lavoratore non presterà la propria attività di lavoro a favore del distaccante, il proprio datore di lavoro, ma del distaccatario, l’utilizzatore.
Il D.lgs. n. 276 del 2003 definisce i criteri di individuazione di un legittimo distacco, tra cui l’interesse del datore di lavoro distaccante a porre sotto direzione altrui il proprio lavoratore: “quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa” .
Le differenze tra questo istituto e la trasferta si sostanziano soprattutto sull’aspetto della multilateralità del rapporto tra: la società distaccante, ovvero il datore di lavoro; la società distaccataria, ovvero l’utilizzatore, il lavoratore distaccato e dal fatto che il datore di lavoro originale, che comunque mantiene la titolarità del rapporto.
L’aspetto temporale di tale istituto può essere rilevato dalla stipulazione di un termine finale dell’attività, il quale raggiunto il lavoratore dovrà tornare a disposizione del proprio datore di lavoro originale.
Il trasfertismo quale caratteristica del lavoratore
Queste casistiche sopra riportate non sono da confondere con il trasfertismo, il quale non si configura come uno spostamento temporaneo della sede lavorativa, ma come una caratteristica del lavoratore, il quale in fase di stipulazione contrattuale o nelle varie modifiche che sono state apportate al rapporto si ritrova a non avere un una sede fissa.
“Il trasfertista, infatti normalmente viene definito come quel lavoratore che non ha un luogo di lavoro prestabilito tenuti per contratto a svolgere attività lavorative in luoghi sempre diversi e variabili”. (Cfr. mess. INPS n. 27271 del 2008).
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