Può essere licenziato chi denigra il datore sui social?

La risposta l’ha scritta la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 13764 del 17 maggio scorso.

La Corte ha stabilito, in sintesi, la legittimità del licenziamento di un dipendente dopo la pronuncia di reintegrazione a causa del comportamento lesivo del rapporto fiduciario con l’azienda.

Il lavoratore aveva pubblicato un post denigratorio nei confronti del datore sul social media Meta Facebook. 

La persona era stata licenziata e poi reintegrata. Dopo la reintegra, la pubblicazione di contenuti diffamatori nei confronti dell’azienda.

L’azienda licenziava nuovamente il lavoratore e lui impugnava anche il secondo licenziamento.  

I giudici di primo grado riconoscono che l’illegittimità del primo licenziamento e la conseguente reintegra fanno sì che il rapporto di lavoro sia da considerarsi mai risolto.

È questo il motivo secondo i giudici: il comportamento del lavoratore che ha leso il rapporto fiduciario tra le parti. 

L’organo giudicante riconosce quindi la giusta causa per il secondo licenziamento. 

Il dipendente ricorre in Cassazione, sostenendo che il potere disciplinare del datore si ripristina solo dopo la ripresa effettiva dell’attività.  

La decisione finale

La Cassazione si pronuncia alla fine in linea con i giudici di merito.

La reintegrazione nel rapporto di lavoro riattiva tutte le obbligazioni del rapporto rimaste solo quiescenti a seguito del licenziamento illegittimo.

Il rapporto di lavoro viene ripristinato fin dal momento della lettura del dispositivo di reintegrazione in udienza. 

Secondo i Giudici l’illecito commesso nel periodo intercorrente tra la lettura del dispositivo della sentenza di reintegra e la ripresa dell’attività lavorativa può essere valutato dal punto di vista disciplinare: il licenziamento è legittimo.

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