Spazio sulla nostra pubblicazione ha trovato dato negli ultimi mesi all’intelligenza artificiale, consci dell’importanza della rivoluzione in atto e del potenziale che influenzerà anche il mondo del lavoro nel breve periodo.
Negli svariati studi che sono stati pubblicati in questi anni sull’intelligenza artificiale, vengono evidenziati rischi e benefici per il mondo del lavoro che derivano dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, alimentando la sensazione di essere davanti a qualcosa di miracoloso che rischia di sovrastare l’essere umano.
Con la mia modesta esperienza e le tante letture fatte sull’argomento, mi convinco sempre di più dell’importanza di questa rivoluzione tecnologica. In questo mondo nuovo mi sento più vicino agli osservatori ottimisti dell’intelligenza artificiale; in particolare guardo con favore quella parte dell’intelligenza artificiale che permette di automatizzare i processi produttivi, soprattutto quelli ripetitivi, a condizione però che questa non corrisponda a una mera sostituzione di forza lavoro umana, ma a una vera integrazione, con ricaduta di benefici per tutti.
In una situazione socio-economico complessa, con la crisi demografica che presenta il conto al mondo del lavoro, siamo stati messi davanti alla realtà di una minore forza lavoro disponibile; in tale contesto l’efficienza e automazione dei processi produttivi diventa fondamentale per le economie occidentali, dal Vecchio al Nuovo continente. Ma l’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro non porta solo automatizzazione dei processi produttivi, ma sta già favorendo il nascere di nuove professionalità, come quelle legate al machine learning.
Nella mia visione ottimistica, non dimentico i rischi dell’introduzione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro, soprattutto nell’ambito della gestione delle risorse umane.
Come evidenziato anche nelle considerazioni dell’IA Act (regolamentazione europea sull’intelligenza artificiale, recentemente approvata dal Parlamento europeo considerazione 36), sono da considerare ad alto rischio i sistemi di intelligenza artificiale “per l’assunzione e la selezione delle persone, per l’adozione di decisioni in materia di promozione e cessazione del rapporto di lavoro, nonché per l’assegnazione dei compiti, per il monitoraggio o la valutazione delle persone nei rapporti contrattuali legati al lavoro”. Il rischio evidenziato è quello di una disumanizzazione del rapporto di lavoro, in cui il lavoratore sia valutato in maniera automatizzata tramite algoritmi, che non tengano conto del contesto e delle variabili, ma si focalizzino in maniera sterile sui risultati ottenuti o da ottenere, selezionando le risorse umane e scegliendo tra esse, creando delle nuove discriminazioni, definite oggi discriminazioni algoritmiche.
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