Sentenza della giustizia tributaria supera circolare dell’Agenzia delle Entrate. Le agevolazioni fiscali possono essere valere come diritto al rimborso per i lavoratori impatriati? Si’! E valgono anche le dichiarazioni tardive.
Lo ha affermato la giustizia tributaria in Lombardia con la sentenza n. 1458 del 20 maggio.
La Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ha infatti stabilito che l’agevolazione riservata ai lavoratori “impatriati”, nel caso in cui non sia intervenuto il datore di lavoro, si configura come un diritto al rimborso.
Il diritto è azionabile “secondo quanto previsto dall’ordinamento in materia di rimborsi per il caso di versamento diretto o in sede di dichiarazione dei redditi oppure con istanza separata entro 48 mesi dal versamento o dalla redazione della ritenuta”.
La sentenza è stata emessa dopo il ricorso di una contribuente, lavoratrice impatriata, che aveva trasmesso nel 2020 e nel 2021 i modelli dei redditi integrativi in ritardo.
Con il modello 730/2021, aveva ricevuto il rimborso dell’importo a credito solo per l’anno prima, il 2020.
La mancanza di una previsione normativa sulla decadenza del beneficio in caso presentazione tardiva, uno degli argomenti sollevati quindi nel ricorso. Eccepito, inoltre, la mancanza del requisito di residenza in Italia per almeno due anni.
Il regime di tassazione agevolata riconosciuto ai lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia è previsto dall’articolo 16 del decreto legislativo n. 147/2015 e attuabile nei confronti dei soggetti che hanno trasferito la loro residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023.
Quando è applicabile il regime agevolato?
Il regime agevolato è applicabile in presenza di due presupposti: l’impegno del lavoratore a risiedere per almeno due anni in Italia dopo essere stato all’estero nei due periodi d’imposta precedenti e aver svolto attività lavorativa prevalente nel territorio nazionale.
La decisione dei giudici dà seguito a un recente orientamento che ritiene non legittima la posizione dell’Agenzia delle Entrate.
L’Agenzia sulla base della circolare 33/2020 sosteneva infatti che non potessero essere riconosciute eccedenze provenienti da dichiarazioni ultra tardive e integrative.
la Corte tributaria ha precisato invece che il principio della gerarchia delle fonti fa suppore che l’inosservanza di circolari non può comportare decadenze non previste da norme di legge.
In presenza dei presupposti per la fruizione e in mancanza dell’intervento del datore di lavoro, l’agevolazione si configura quindi come diritto al rimborso.
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